Introduzione

Rosso Malpelo è probabilmente tra i racconti di Giovanni Verga quello più classico e conosciuto. La fama della storia del giovane minatore dai capelli rossi è dovuta alla durezza delle condizioni sociali e lavorative al centro della narrazione dell’autore, che sceglie di affrontare un tema gravoso e drammatico nella realtà della sua regione natale. Verga infatti si ispirò a un’inchiesta condotta dai suoi conterranei Leopoldo Franchetti e Giorgio Sonnino, che pubblicarono Il lavoro dei fanciulli nelle zolfatare siciliane con l’intento di descrivere e denunciare l’incredibile fatica e pericolo a cui erano costretti i ragazzi impiegati in miniera, numerosissimi nella Sicilia post-Risorgimentale. Verga pubblicò in seguito il suo racconto sul Fanfulla della domenica per poi includerla nella raccolta Vita nei campi, una serie di racconti usciti tra il 1880 e il 1897 che si concentravano proprio sulle classi più umili della società siciliana dell’epoca.

Temi principali

In Rosso Malpelo Verga affianca alla denuncia della condizione dei lavoratori nel Mezzogiorno e lo sfruttamento minorile la questione della malignità popolare. Rosso Malpelo è infatti vittima di un pregiudizio popolare antico e insensato che finisce, da innocente, per renderlo effettivamente scorbutico, maligno e rabbioso. La questione posta da Verga è di natura sociale: non è il ragazzo ad essere meschino, ma la miseria, la superstizione e la violenza del mondo che lo circonda a renderlo tale. Il mondo dei Vinti, coloro che sono buttati fuori dalla società, che Verga racconta con il suo Verismo è un mondo che, in questo racconto, mette in atto una guerra intestina che finisce per emarginare chi è innocente, come Misciu, Ranocchio e lo stesso Malpelo.