Testo della poesia
1. Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
2. silenziosa luna?
3. Sorgi la sera, e vai,
4. contemplando i deserti; indi ti posi.
5. Ancor non sei tu paga
6. di riandare i sempiterni calli?
7. Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
8. di mirar queste valli?
9. Somiglia alla tua vita
10. la vita del pastore.
11. Sorge in sul primo albore
12. move la greggia oltre pel campo, e vede
13. greggi, fontane ed erbe;
14. poi stanco si riposa in su la sera:
15. altro mai non ispera.
16. Dimmi, o luna: a che vale
17. al pastor la sua vita,
18. la vostra vita a voi? dimmi: ove tende
19. questo vagar mio breve,
20. il tuo corso immortale?
21. Vecchierel bianco, infermo,
22. mezzo vestito e scalzo,
23. con gravissimo fascio in su le spalle,
24. per montagna e per valle,
25. per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
26. al vento, alla tempesta, e quando avvampa
27. l’ora, e quando poi gela,
28. corre via, corre, anela,
29. varca torrenti e stagni,
30. cade, risorge, e piú e piú s’affretta,
31. senza posa o ristoro,
32. lacero, sanguinoso; infin ch’arriva
33. colá dove la via
34. e dove il tanto affaticar fu vòlto:
35. abisso orrido, immenso,
36. ov’ei precipitando, il tutto obblia.
37. Vergine luna, tale
38. è la vita mortale.
39. Nasce l’uomo a fatica,
40. ed è rischio di morte il nascimento.
41. Prova pena e tormento
42. per prima cosa; e in sul principio stesso
43. la madre e il genitore
44. il prende a consolar dell’esser nato.
45. Poi che crescendo viene,
46. l’uno e l’altro il sostiene, e via pur sempre
47. con atti e con parole
48. studiasi fargli core,
49. e consolarlo dell’umano stato:
50. altro ufficio piú grato
51. non si fa da parenti alla lor prole.
52. Ma perché dare al sole,
53. perché reggere in vita
54. chi poi di quella consolar convenga?
55. Se la vita è sventura,
56. perché da noi si dura?
57. Intatta luna, tale
58. è lo stato mortale.
59. Ma tu mortal non sei,
60. e forse del mio dir poco ti cale.
61. Pur tu, solinga, eterna peregrina,
62. che sí pensosa sei, tu forse intendi
63. questo viver terreno,
64. il patir nostro, il sospirar, che sia;
65. che sia questo morir, questo supremo
66. scolorar del sembiante,
67. e perir della terra, e venir meno
68. ad ogni usata, amante compagnia.
69. E tu certo comprendi
70. il perché delle cose, e vedi il frutto
71. del mattin, della sera,
72. del tacito, infinito andar del tempo.
73. Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
74. rida la primavera,
75. a chi giovi l’ardore, e che procacci
76. il verno co’ suoi ghiacci.
77. Mille cose sai tu, mille discopri,
78. che son celate al semplice pastore.
79. Spesso quand’io ti miro
80. star cosí muta in sul deserto piano,
81. che, in suo giro lontano, al ciel confina;
82. ovver con la mia greggia
83. seguirmi viaggiando a mano a mano;
84. e quando miro in cielo arder le stelle;
85. dico fra me pensando:
86. — A che tante facelle?
87. che fa l’aria infinita, e quel profondo
88. infinito seren? che vuol dir questa
89. solitudine immensa? ed io che sono? —
90. Cosí meco ragiono: e della stanza
91. smisurata e superba,
92. e dell’innumerabile famiglia;
93. poi di tanto adoprar, di tanti moti
94. d’ogni celeste, ogni terrena cosa,
95. girando senza posa,
96. per tornar sempre lá donde son mosse;
97. uso alcuno, alcun frutto
98. indovinar non so. Ma tu per certo,
99. giovinetta immortal, conosci il tutto.
100. Questo io conosco e sento,
101. che degli eterni giri,
102. che dell’esser mio frale,
103. qualche bene o contento
104. avrá fors’altri; a me la vita è male.
105. greggia mia che posi, oh te beata,
106. che la miseria tua, credo, non sai!
107. Quanta invidia ti porto!
108. Non sol perché d’affanno
109. quasi libera vai;
110. ch’ogni stento, ogni danno,
111. ogni estremo timor subito scordi;
112. ma piú perché giammai tedio non provi.
113. Quando tu siedi all’ombra, sovra l’erbe,
114. tu se’ queta e contenta;
115. e gran parte dell’anno
116. senza noia consumi in quello stato.
117. Ed io pur seggo sovra l’erbe, all’ombra,
118. e un fastidio m’ingombra
119. la mente; ed uno spron quasi mi punge
120. sí che, sedendo, piú che mai son lunge
121. da trovar pace o loco.
122. E pur nulla non bramo,
123. e non ho fino a qui cagion di pianto.
124. Quel che tu goda o quanto,
125. non so giá dir; ma fortunata sei.
126. Ed io godo ancor poco,
127. o greggia mia, né di ciò sol mi lagno.
128. Se tu parlar sapessi, io chiederei:
129. — Dimmi: perché giacendo
130. a bell’agio, ozioso,
131. s’appaga ogni animale;
132. me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale? —
133. Forse s’avess’io l’ale
134. da volar su le nubi,
135. e noverar le stelle ad una ad una,
136. o come il tuono errar di giogo in giogo,
137. piú felice sarei, dolce mia greggia,
138. piú felice sarei, candida luna.
139. O forse erra dal vero,
140. mirando all’altrui sorte, il mio pensiero:
141. forse in qual forma, in quale
142. stato che sia, dentro covile o cuna,
143. è funesto a chi nasce il dí natale.
Parafrasi affiancata
1. Cosa fai lassù, luna, nel cielo notturno? Dimmi, cosa fai,
2. Luna silenziosa?
3. Sul far della sera tu sorgi dall’orizzonte e compi il tuo percorso,
4. E osservi dall’alto i paesaggi deserti, poi torni a scendere sino a scomparire.
5. Non sei ancora stanca
6. Di percorrere il tuo eterno tragitto sempre identico?
7. Non cerchi ancora di evitare, ancora stai lassù ostinata
8. A guardare queste valli che ti scorrono sotto?
9. È simile al tuo modo di vivere
10. Quello del pastore.
11. Egli si sveglia sul far dell’alba
12. Conduce il suo gregge oltre il campo, e da lì può vedere
13. Altri greggi, stazzi (fontane destinate a far abbeverare il bestiame) e pascoli;
14. Poi stanco del cammino torna a riposarsi quando si fa sera:
15. E non chiede altro alla sua esistenza.
16. Dimmi, luna: quanto vale
17. Per un pastore la propria vita,
18. E quanto per te la tua? Dimmi: dove porta
19. Questa mia esistenza breve e vagabonda,
20. Dove porta la tua che invece è eterna?
21. Un povero vecchio dai capelli ingrigiti dall’età e malato,
22. Vestito di stracci e senza scarpe,
23. Con un fardello pesantissimo sulle spalle,
24. Che per monti e vallate,
25. Tra cime montuose e massi, e boschi,
26. Tra il vento e le bufere, e tanto quando il caldo brucia
27. Le ore del giorno, quanto quando il freddo le fa gelare,
28. Corre via e fa il suo cammino, e corre, ansima dalla fatica,
29. Oltrepassa fiumi e laghi,
30. Poi cade, e si rialza, e ancora si affretta nel suo percorso,
31. Senza potersi mai né riposare né trovare un attimo di sollievo,
32. Consumato dalla fatica e insanguinato; finché giunge
33. Nel luogo dove il sentiero
34. E tanto affanno erano destinati a finire:
35. Un precipizio spaventoso, profondissimo, tanto da sembrare infinito,
36. Dov’egli precipita, dimenticando tutta il dolore che ha provato.
37. Luna candida e innocente, questa
38. È la vita mortale.
39. Gli esseri umani nascono provando dolore
40. E perfino l’atto di nascere pone il rischio di morire.
41.42. Le prime sensazioni provate da chi nasce sono dolore e sofferenza, e già dai primi momenti di vita
43. la madre e il padre
44. devono consolare i figli per essere nati.
45. E mentre crescono,
46. entrambi continuano a sostenerlo, e in ogni momento
47. con il loro affetto e con i loro insegnamenti
48. cercano il modo di far loro coraggio,
49. e di consolarli ancora per la loro condizione di essere umani.
50. Non esiste altro dovere più sensato e positivo di questo
51. tra quelli che i genitori devono ai propri figli.
52. Ma perché permettere di venire alla luce,
53. perché mantenere in vita poi negli anni,
54. chi poi deve essere consolato perché ciò è accaduto?
55. Se la vita non è altro che una disgrazia impostaci da chissà cosa
56. perché ci teniamo così tanto?
57. Luna irraggiungibile e innocente, questa
58. è la condizione della vita degli uomini.
59. Ma tu sei un astro eterno e immortale,
60. E probabilmente non ti interessa nulla di quello che io dico.
61. Eppure tu, solitaria e vagabonda per l’eternità,
62. tu che hai un aspetto così pensieroso, tu forse sei capace di comprendere
63-64. che cosa significhi questa nostra vita sulla terra, la nostra sofferenza e il nostro pianto;
65-66. che cosa significhi la morte e lo sbiancare in volto dei nostri corpi quando diventano cadaveri;
67-68. e il fatto che ogni cosa sulla terra sia destinata a morire, e a separarsi ad ogni affetto e amore a cui si è abituati.
69. E tu sicuramente capisci
70. le ragioni che stanno dietro ad ogni cosa, e vedi chiaramente quale funzione abbia
71. il passare dei giorni dal mattino alla sera,
72. lo scorrere infinito e silenzioso del tempo.
73. Tu devi certamente sapere a chi sia rivolto il dolce sorriso
74. della primavera,
75. a chi fa piacere che le estati siano calde e a che cosa serva
76. il freddo dell’inverno.
77. Tu sai infinite cose, infinite potresti scoprirne,
78. che sono al di là della comprensione di un umile pastore come me.
79. Spesso, quando ti osservo
80. che te ne stai lì sospesa in silenzio sulle pianure deserte di questa regione (l’Asia),
81. il cui panorama è tagliato a metà dall’orizzonte che le divide dal cielo,
82. e dove con il mio gregge.
83. io viaggio e vivo di giorno in giorno,
84. e quando vedo intorno a te le stelle brillare,
85. spesso io mi domando:
86. Cosa saranno mai e perché così tante scintille nel cielo?
87. Cosa accade negli spazi infiniti e in quell’infinito e profondissimo
88. abisso silenzioso (lo spazio, ndr)? Cosa può voler mai dire questa immensa
89. solitudine in cui noi esseri umani ci troviamo? E io, chi sono?
90. In tal modo ragiono tra me e me: e di questo universo
91. smisurato e incommensurabile,
92. e dell’indefinibile ed enorme numero di astri,
93. poi dei loro enormi movimenti nelle distanze cosmiche, delle loro gigantesche orbite,
94. della natura di ogni pianeta o stella o di ciò che è qui sulla terra,
95. che gravita per l’eternità,
96. e torna sempre nel punto in cui è partita,
97. nessuna utilità, nessuno scopo di tutto ciò
98. io riesco a trovare. Ma tu, di sicuro,
99. eterna fanciulla che mai invecchia, conosci il perché di ogni cosa.
100. Io, da parte mia, so bene una sola cosa:
101. che dei moti infiniti del cosmo,
102. che della fragilità della mia natura di essere umano,
103. qualche gioia o soddisfazione
104. potrà essere forse provata da qualcun altro, per me la vita non è altro che un male senza scampo.
105. Gregge mio, come sei felice tu,
106. che, almeno credo, non ti rendi conto della tua miseria.
107. Quanta invidia provo per te!
108. Non solo perché delle sofferenze
109. quasi non senti il peso;
110. perché di ogni fatica, di ogni ferita,
111. di ogni timore subito riesci a dimenticarti,
112. ma ancora di più perché non provi mai quest’eterna insoddisfazione che invece tormenta me.
113. Quando puoi stenderti all’ombra, sui prati,
114. tu sei calma e felice,
115. e gran parte del tuo tempo
116. riesci ad occupare così;
117. anch’io accanto a te mi stendo sui prati, all’ombra,
118. e questo pensiero fastidioso si piazza
119. nella mia mente, e come una frusta mi sferza
120. a tal punto che, anche stando seduto a riposare, sono lontanissimo
121. dal riuscire a trovare pace o sollievo.
122. Eppure non c’è nessuna ambizione particolare che io nutra su me stesso,
123. e non ho nemmeno fino ad ora motivo di soffrire così tanto.
124. Quanto tu riesca ad essere lieta, o come,
125. davvero non saprei dirlo, ma di certo sei più fortunata di me.
126. Ed io lieto lo sono assai poco,
127. mio gregge, né questo è l’unico dolore che voglio ora sfogare.
128. Se tu sapessi parlare, io ti chiederei:
129. “Dimmi: come fa stando a riposo,
130. comodo, nell’ozio,
131. a provar piacere ogni animale;
132. mentre io, appena mi abbandono alla quiete, sono assalito dai pensieri infelici?”
133. Magari, se io potessi avere delle ali
134. così da volare al di là delle nuvole,
135. e poter contare le stelle da vicino ad una ad una,
136. oppure come i tuoni potessi vagare tra le vette dei monti,
137. sarei più felice, mio quieto gregge,
138. sarei più felice, bianca luna.
139. O forse cerca strade sbagliate,
140. cercando di imitare lo stato delle altre cose, la mia immaginazione:
141. forse in qualunque forma o sembianza, in qualunque
142. condizione possibile, che avvenga in una stalla o in una culla,
143. il giorno in cui si nasce è una disgrazia per chi viene al mondo.
Parafrasi discorsiva
[vv. 1-20] Cosa fai lassù, luna, nel cielo notturno? Dimmi, cosa fai, luna silenziosa? Sul far della sera tu sorgi dall’orizzonte e compi il tuo percorso, e osservi dall’alto i paesaggi deserti, poi torni a scendere sino a scomparire. Non sei ancora stanca di percorrere il tuo eterno tragitto sempre identico? Non cerchi ancora di evitare, ancora stai lassù ostinata a guardare queste valli che ti scorrono sotto? È simile al tuo modo di vivere quello del pastore. Egli si sveglia sul far dell’alba e conduce il suo gregge oltre il campo, e da lì può vedere altri greggi, stazzi (fontane destinate a far abbeverare il bestiame) e pascoli; poi stanco del cammino torna a riposarsi quando si fa sera: e non chiede altro alla sua esistenza. Dimmi, luna: quanto vale per un pastore la propria vita, e quanto per te la tua? Dimmi: dove porta questa mia esistenza breve e vagabonda, dove porta la tua che invece è eterna?
[vv. 21-38] Un povero vecchio dai capelli ingrigiti dall’età e malato, vestito di stracci e senza scarpe, con un fardello pesantissimo sulle spalle, che per monti e vallate, tra cime montuose e massi, e boschi, tra il vento e le bufere, e tanto quando il caldo brucia le ore del giorno, quanto quando il freddo le fa gelare, corre via e fa il suo cammino, e corre, ansima dalla fatica, oltrepassa fiumi e laghi, poi cade, e si rialza, e ancora si affretta nel suo percorso, senza potersi mai né riposare né trovare un attimo di sollievo, consumato dalla fatica e insanguinato; finché giunge nel luogo dove il sentiero e tanto affanno erano destinati a finire: un precipizio spaventoso, profondissimo, tanto da sembrare infinito, dov’egli precipita, dimenticando tutta il dolore che ha provato. Luna candida e innocente, questa è la vita mortale.
[vv. 39-60] Gli esseri umani nascono provando dolore e perfino l’atto di nascere pone il rischio di morire. Le prime sensazioni provate da chi nasce sono dolore e sofferenza, e già dai primi momenti di vita la madre e il padre devono consolare i figli per essere nati. E mentre crescono, entrambi continuano a sostenerlo, e in ogni momento con il loro affetto e con i loro insegnamenti cercano il modo di far loro coraggio, e di consolarli ancora per la loro condizione di essere umani. Non esiste altro dovere più sensato e positivo di questo tra quelli che i genitori devono ai propri figli. Ma perché permettere di venire alla luce, perché mantenere in vita poi negli anni, chi poi deve essere consolato perché ciò è accaduto? Se la vita non è altro che una disgrazia impostaci da chissà cosa perché ci teniamo così tanto? Luna irraggiungibile e innocente, questa è la condizione della vita degli uomini. Ma tu sei un astro eterno e immortale, e probabilmente non ti interessa nulla di quello che io dico.
[vv. 61-104] Eppure tu, solitaria e vagabonda per l’eternità, tu che hai un aspetto così pensieroso, tu forse sei capace di comprendere che cosa significhi questa nostra vita sulla terra, la nostra sofferenza e il nostro pianto; che cosa significhi la morte e lo sbiancare in volto dei nostri corpi quando diventano cadaveri; e il fatto che ogcosa sulla terra sia destinata a morire e a separarsi ad ogni affetto e amore a cui si è abituati. E tu sicuramente capisci le ragioni che stanno dietro ad ogni cosa, e vedi chiaramente quale funzione abbia il passare dei giorni dal mattino alla sera, lo scorrere infinito e silenzioso del tempo.Tu devi certamente sapere a chi sia rivolto il dolce sorriso della primavera, a chi fa piacere che le estati siano calde e a che cosa serva il freddo dell’inverno. Tu sai infinite cose, infinite potresti scoprirne, che sono al di là della comprensione di un umile pastore come me. Spesso, quando ti osservo che te ne stai lì sospesa in silenzio sulle pianure deserte di questa regione (l’Asia), il cui panorama è tagliato a metà dall’orizzonte che le divide dal cielo, e dove con il mio gregge io viaggio e vivo di giorno in giorno, e quando vedo intorno a te le stelle brillare, spesso io mi domando: cosa saranno mai e perché così tante scintille nel cielo? Cosa accade negli spazi infiniti e in quell’infinito e profondissimo abisso silenzioso (lo spazio, ndr)? Cosa può voler mai dire questa immensa solitudine in cui noi esseri umani ci troviamo? E io, chi sono? In tal modo ragiono tra me e me: e di questo universo smisurato e incommensurabile, e dell’indefinibile ed enorme numero di astri, poi dei loro enormi movimenti nelle distanze cosmiche, delle loro gigantesche orbite, della natura di ogni pianeta o stella o di ciò che è qui sulla terra, che gravita per l’eternità, e torna sempre nel punto in cui è partita, nessuna utilità, nessuno scopo di tutto ciò io riesco a trovare. Ma tu, di sicuro, eterna fanciulla che mai invecchia, conosci il perché di ogni cosa. Io, da parte mia, so bene una sola cosa: che dei moti infiniti del cosmo, che della fragilità della mia natura di essere umano, qualche gioia o soddisfazione potrà essere forse provata da qualcun altro, per me la vita non è altro che un male senza scampo.
[vv. 105-132] Gregge mio, come sei felice tu, che, almeno credo, non ti rendi conto della tua miseria. Quanta invidia provo per te! Non solo perché delle sofferenze quasi non senti il peso; perché di ogni fatica, di ogni ferita, di ogni timore subito riesci a dimenticarti, ma ancora di più perché non provi mai quest’eterna insoddisfazione che invece tormenta me. Quando puoi stenderti all’ombra, sui prati, tu sei calmo e felice, e gran parte del tuo tempo riesci ad occupare così; anch’io accanto a te mi stendo sui prati, all’ombra, e questo pensiero fastidioso si piazza nella mia mente, e come una frusta mi sferza a tal punto che, anche stando seduto a riposare, sono lontanissimo dal riuscire a trovare pace o sollievo. Eppure non c’è nessuna ambizione particolare che io nutra su me stesso, e non ho nemmeno fino ad ora motivo di soffrire così tanto. Quanto tu riesca ad essere lieto, o come, davvero non saprei dirlo, ma di certo sei più fortunato di me. Ed io lieto lo sono assai poco, mio gregge, né questo è l’unico dolore che voglio ora sfogare. Se tu sapessi parlare, io ti chiederei: “Dimmi: come fa stando a riposo, comodo, nell’ozio, a provar piacere ogni animale; mentre io, appena mi abbandono alla quiete, sono assalito dai pensieri infelici?”
[vv. 133-143] Magari, se io potessi avere delle ali così da volare al di là delle nuvole, e poter contare le stelle da vicino ad una ad una, oppure come i tuoni potessi vagare tra le vette dei monti, sarei più felice, mio quieto gregge, sarei più felice, bianca luna. O forse cerca strade sbagliate, cercando di imitare lo stato delle altre cose, la mia immaginazione: forse in qualunque forma o sembianza, in qualunque condizione possibile, che avvenga in una stalla o in una culla, il giorno in cui si nasce è una disgrazia per chi viene al mondo.
Figure Retoriche
-
Enjambements
-
Allitterazioni
Nelle verifiche e negli esercizi vengono sempre chieste le figure retoriche e la loro spiegazione.
- Commento completo diviso per sezione
- Parafrasi dettagliata
- Figure retoriche complete e spiegate
- Confronti tra opere e autori
- Domande e risposte
- Esercizio interattivo
Stiamo lavorando alla nuova versione di Pro. L'accesso è consentito solo a chi ha già acquistato.
Analisi e Commento
Con i cosiddetti “grandi idilli”, di cui Canto notturno di un pastore errante dell’Asia fa parte, Leopardi torna alla poesia, dopo l’intervallo di sei anni delle Operette morali. Queste poesie, a differenza degli idilli giovanili, sono pervase dalla consapevolezza dell’”arido vero”, causata dalla fine delle illusioni giovanili.
Lo spunto del componimento deriva da un articolo letto su una rivista del 1826 riguardante le abitudini e i canti malinconici dei pastori asiatici. Partendo da tale suggestione, nella sua poesia più filosofica, Leopardi non parla in prima persona, come avviene solitamente, ma affida le sue riflessioni a un pastore, un uomo semplice e ingenuo proveniente da una terra lontana e non ben definita, il quale analizza filosoficamente la sua infelicità e quella universale, facendosi portavoce del tedio e dello sgomento provati da ogni uomo di fronte a un’esistenza dolorosa di cui non si comprende il significato. In questo modo, tramite la scelta di un uomo umile e proveniente da terre lontane, gli interrogativi acquistano una forza particolare, primordiale e assoluta, e l’infelicità si configura come una caratteristica tipica dell’uomo di ogni tempo e di ogni condizione. La luna, tipica interlocutrice di Leopardi, è ad un tempo, bella e così vicina da invitare al dialogo (come in Alla luna), ma anche distante, gelida e muta: infatti, non risponde mai agli angosciosi interrogativi posti dal pastore, apparendo totalmente indifferente alle sofferenze dell’uomo. Altri interlocutori sono gli animali, il gregge, cui Leopardi chiede come mai non provi tedio quando giace in riposo sull’erba. Il tedio è, secondo Leopardi, un sentimento che nobilita l’uomo in quanto dotato di ragione e lo distingue dagli animali, anche se gli impedisce di sentirsi appagato.
La vita appare come un cammino faticosissimo verso la morte; l’uomo è per sua stessa natura portato all’infelicità: dunque, dal pessimismo “storico” e individuale, si è ormai passati al pessimismo “cosmico”: al termine del componimento emerge che non solo per l’uomo la vita è fonte di sofferenza, ma per qualunque creatura vivente venga al mondo. L’universo resta un enigma indecifrabile, in cui l’unico elemento certo è la morte. La figura allegorica del “vecchierel bianco infermo” è tratta da Petrarca, ma la vita dell’uomo qui è comparata a quella di un astro, con una evidente sproporzione tra la breve vita dell’uomo e la vita infinita dell’universo: l’esistenza umana è una corsa affannosa e inutile verso il nulla, come l’affannarsi vano di un vecchio che corre verso l’abisso in cui precipita. L’elemento dell’”abisso orrido immenso” notturno con elementi esotici e l’aura di mistero e l’interrogativo sul significato della vita, si apre alla poetica romantica.
Lo stile del componimento Canto notturno di un pastore errante dell’Asia è quello tipico dei grandi canti del 1828-30, con molti termini “vaghi e indefiniti”, ritmo fluido, struttura sintattica chiara, ma è assente la memoria delle illusioni giovanili. L’unico tratto regolare della struttura metrica è la costante rima in “ale” – che riguarda tutte le frasi topiche e proverbiali – la quale mette in evidenza le parole chiave del canto e, secondo il critico Fubini, conferisce “il sapore musicale di un’antichissima nenia”.
Confronti
Canto notturno di un pastore errante dall’Asia, proprio a causa della natura dei concetti posti in discussione da Leopardi in relazione alla propria evoluzione di uomo, filosofo e poeta, pone moltissimi elementi di raffronto con tutta la produzione leopardiana.
Rispetto alle idee giovanili, la luna cambia profondamente aspetto. Ad esempio, nel componimento…
Domande di verifica sono spesso basate sui confronti tra diverse opere e autori.
- Commento completo diviso per sezione
- Parafrasi dettagliata
- Figure retoriche complete e spiegate
- Confronti tra opere e autori
- Domande e risposte
- Esercizio interattivo
Stiamo lavorando alla nuova versione di Pro. L'accesso è consentito solo a chi ha già acquistato.
Domande e Risposte
Sbloccala subito, potrebbe essere la domanda della tua prossima verifica.
- Commento completo diviso per sezione
- Parafrasi dettagliata
- Figure retoriche complete e spiegate
- Confronti tra opere e autori
- Domande e risposte
- Esercizio interattivo
Stiamo lavorando alla nuova versione di Pro. L'accesso è consentito solo a chi ha già acquistato.
Sbloccala subito, potrebbe essere la domanda della tua prossima verifica.
- Commento completo diviso per sezione
- Parafrasi dettagliata
- Figure retoriche complete e spiegate
- Confronti tra opere e autori
- Domande e risposte
- Esercizio interattivo
Stiamo lavorando alla nuova versione di Pro. L'accesso è consentito solo a chi ha già acquistato.
Sbloccala subito, potrebbe essere la domanda della tua prossima verifica.
- Commento completo diviso per sezione
- Parafrasi dettagliata
- Figure retoriche complete e spiegate
- Confronti tra opere e autori
- Domande e risposte
- Esercizio interattivo
Stiamo lavorando alla nuova versione di Pro. L'accesso è consentito solo a chi ha già acquistato.
Sbloccala subito, potrebbe essere la domanda della tua prossima verifica.
- Commento completo diviso per sezione
- Parafrasi dettagliata
- Figure retoriche complete e spiegate
- Confronti tra opere e autori
- Domande e risposte
- Esercizio interattivo
Stiamo lavorando alla nuova versione di Pro. L'accesso è consentito solo a chi ha già acquistato.
Sbloccala subito, potrebbe essere la domanda della tua prossima verifica.
- Commento completo diviso per sezione
- Parafrasi dettagliata
- Figure retoriche complete e spiegate
- Confronti tra opere e autori
- Domande e risposte
- Esercizio interattivo
Stiamo lavorando alla nuova versione di Pro. L'accesso è consentito solo a chi ha già acquistato.
Sbloccala subito, potrebbe essere la domanda della tua prossima verifica.
- Commento completo diviso per sezione
- Parafrasi dettagliata
- Figure retoriche complete e spiegate
- Confronti tra opere e autori
- Domande e risposte
- Esercizio interattivo
Stiamo lavorando alla nuova versione di Pro. L'accesso è consentito solo a chi ha già acquistato.