Testo della poesia
1. O che tra faggi e abeti erma su i campi
2. smeraldini la fredda orma si stampi
3. al sole del mattin puro e leggero,
4. o che foscheggi immobile nel giorno
5. morente su le sparse ville intorno
6. a la chiesa che prega o al cimitero
7. che tace, o noci de la Carnia, addio!
8. Erra tra i vostri rami il pensier mio
9. sognando l’ombre d’un tempo che fu.
10. Non paure di morti ed in congreghe
11. diavoli goffi con bizzarre streghe,
12. ma del comun la rustica virtù
13. accampata a l’opaca ampia frescura
14. veggo ne la stagion de la pastura
15. dopo la messa il giorno de la festa.
16. Il consol dice, e poste ha pria le mani
17. sopra i santi segnacoli cristiani:
18. Ecco, io parto fra voi quella foresta
19. d’abeti e pini ove al confin nereggia,
20. e voi trarrete la mugghiante greggia
21. e la belante a quelle cime là.
22. E voi, se l’unno o se lo slavo invade,
23. eccovi, o figli, l’aste, ecco le spade,
24. morrete per la vostra libertà -.
25. Un fremito d’orgoglio empieva i petti,
26. ergea le bionde teste; e de gli eletti
27. in su le fronti il sol grande feriva.
28. Ma le donne piangenti sotto i veli
29. invocavan la Madre alma de’ cieli.
30. Con la man tesa il console seguiva:
31. – Questo, al nome di Cristo e di Maria,
32. ordino e voglio che nel popol sia -.
33. A man levata il popol dicea, Sì.
34. E le rosse giovenche di su ’l prato
35. vedean passare il piccolo senato,
36. brillando su gli abeti il mezzodì.
Parafrasi affiancata
1. Sia che solitaria tra faggi e abeti sui campi
2. Del color verde come lo smeraldo la vostra fredda ombra si distenda
3. Sotto il sole del mattino, limpido e lieve;
4. Sia che essa si proietti cupa e immobile
5. Al tramonto sui palazzi delle città (ville) attorno
6. A una chiesa in cui i fedeli pregano o a un cimitero
7. Immerso nel silenzio, vi dico addio, alberi di noce della Carnia!
8. Il mio pensiero si perde tra i vostri rami
9. Rievocando le immagini di un antico passato.
10. Non vedo la paura della morte e sguaiate
11. Ciurme di diavoli accompagnate da fantomatiche streghe,
12. Ma la forza contadina del comune medievale
13. Accampata al fresco dell’ampia ombra
14. Durante la stagione estiva dei pascoli
15. Dopo la messa celebrata in un giorno di festa.
16. Il podestà (“il consol”) esclama, ed egli ha posto prima le mani
17. Sui sacri simboli del Cristianesimo per benedirle:
18. “Ecco, io divido tra voi in parti uguali quel bosco
19. Di abeti e pini che al suo estremo confine sembra una macchia scura nel paesaggio
20. E voi condurrete i greggi di mucche
21. E di pecore lassù su quelle vette
22. E a voi, se gli Unni o gli Slavi ci invaderanno,
23. Consegno, figli miei, lance e spade,
24. Morirete difendendo la vostra libertà”
25. I petti erano scossi dall’orgoglio patriottico
26. E le loro teste bionde erano da esso sollevate e di coloro che erano stati scelti
27. Le fronti erano irradiate dal sole.
28. Ma le donne, che con gli occhi coperti dal velo piangevano,
29. Invocavano la Madonna, madre e spirito dei Cieli.
30. Il podestà continuava il suo discorso con la mano tesa:
31. “Questo, nel nome di Gesù Cristo e di Maria,
32. Ordino e voglio che sia il destino di questo popolo”.
33. Il popolo rispondeva sollevando entusiasta anch’esso la mano e gridando all’unisono: “Sì!”
34. E le giovani vacche dal manto rossastro sul pascolo
35. Vedevano passare questa piccola folla di uomini
36. Mentre sugli abeti brillava il sole di mezzogiorno.
Parafrasi discorsiva
O alberi di noce della regione della Carnia, vi dico addio, sia che la vostra fredda ombra si stenda solitaria tra i faggi e gli abeti sui campi di colore verde smeraldo, sotto il primo sole del mattino limpido e lieve, sia che si proietti cupa e immobile al tramonto sulle case di campagna sparse intorno alla chiesa in cui i fedeli pregano o al cimitero in cui c’è silenzio! Il mio pensiero vaga tra i vostri rami, rievocando le immagini del tempo antico. Non ci sono paure dei morti e diavoli sguaiati in società con strane streghe, bensì vedo riuniti all’ombra e al fresco in un luogo spazioso nella stagione dei pascoli (in estate) soltanto i campagnoli virtuosi tipici del Comune medievale, dopo la Messa nel giorno festivo. Il console parla, e in precedenza ha posato le mani sui sacri simboli del Cristianesimo: “ecco, divido tra di voi quel bosco di abeti e pini dove al confine formano una macchia scura. E voi condurrete su quelle vette le mandrie di buoi e i greggi di pecore. E voi, o figli, se gli Unni o gli Slavi ci invaderanno, eccovi le aste, ecco qui le spade, morirete per la vostra libertà”. Un moto di orgoglio riempiva i cuori, faceva sollevare le teste bionde; e il sole alto colpiva le fronti di coloro che erano stati scelti. Ma le donne sofferenti sotto i loro veli invocavano la Madonna, santa dei Cieli. Il console continuava a parlare con la mano tesa: “nel nome di Cristo e di Maria, ordino e desidero che accada nel popolo”. Alzando la mano, il popolo diceva: “Sì”. E le giovani vacche rosse sul prato vedevano passare il piccolo senato, mentre risplendeva sugli abeti il mezzogiorno.
Figure Retoriche
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Anacoluti
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Anadiplosi
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Analisi e Commento
Le Rime nuove seguono i metri tradizionali della poesia italiana, contemplano tutta la varietà dei temi carducciani e sono spesso ispirate dalle impressioni suscitate dalla lettura dei classici della letteratura o dalla rievocazione nostalgica di eventi storici del passato o di momenti della propria giovinezza per stigmatizzare la mediocrità del presente. Non mancano, inoltre, le note paesaggistiche, soprattutto maremmane, e la tematica amorosa.
Quando scrive la poesia Comune rustico, Carducci sta per lasciare gli amati monti della Carnia, in Friuli, dove ha trascorso un periodo di riposo. La prima parte del componimento è autobiografica e dedicata alla descrizione del momento presente; in seguito (nei vv. 16-36), viene immaginata una scena del passato, con toni da epica storica. Il componimento in questione offre un ottimo esempio del senso della storia in Carducci, la quale viene intesa come maestra di vita e depositaria di alti valori. Come è tipico della poetica carducciana, dunque, la descrizione della realtà presente è il pretesto per evocare un passato mitico, in questo caso il Medioevo, con l’esplicito rifiuto delle immagini magiche e terribili, tanto care ai Romantici.
La scena evocata celebra la formazione spontanea dei primi nuclei cittadini, come àncora di salvataggio contro la barbarie dilagante e la schiavitù feudale: in particolare, viene descritto il momento in cui, nell’epoca comunale, dopo la Messa, i cittadini si riuniscono in assemblea per prendere le decisioni. L’evocazione dello scenario passato è carica di valenze politiche e patriottiche: quella società, infatti, è certamente idealizzata e caratterizzata da eroismo, attaccamento al Comune, senso di responsabilità dei singoli cittadini, dunque si contrappone implicitamente alla realtà in cui Carducci vive, assumendo toni leggendari ed epici: quella società nel presente non può più esserci, può solo essere nostalgicamente rievocata. Pertanto, vediamo riproposta la critica all’Italia contemporanea, caratterizzata da mancanza di valore e di spirito patriottico.
Anche la luce che caratterizza tutta la scena, chiara, energica e luminosa, ed è simbolo di forza vitale, va contrapposta indirettamente allo squallore dell’attualità. Negli ultimi versi di Comune rustico, la menzione delle “rosse giovenche”, con una valenza leggermente ironica, ha la funzione di riportare la scenetta alla realtà, mettendo ancora più in evidenza la grande dignità di quella società. Dal punto di vista linguistico, il linguaggio è decisamente aulico con molti latinismi (“erma”, “pria”, ecc.).
Confronti
Comune rustico è un componimento particolarmente significativo all’interno dell’evoluzione ideologica del Carducci poeta e figura politica dell’Italia del suo tempo. Nelle Odi barbare, l’altra principale raccolta carducciana, è presente una simile esaltazione dell’età comunale nella poesia…
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