Testo della poesia
Bosco di Courton, luglio 1918
1. Si sta come
2. d’autunno
3. sugli alberi
4. le foglie
Parafrasi affiancata
Bosco di Courton, luglio 1918
1. Noi stiamo (= soldati, ma anche in generale tutti gli esseri umani) come
2. In autunno
3. Sui rami degli alberi
4. Stanno le foglie in attesa di cadere
Parafrasi discorsiva
Noi tutti (=soldati, ma anche in generale tutti gli esseri umani) qui in trincea ci sentiamo come in autunno sui rami degli alberi si sentono le foglie in attesa di cadere.
Figure Retoriche
-
Analogie
-
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Analisi e Commento
La guerra nel Carso è fonte di grande ispirazione per Ungaretti, il quale scrive in trincea diverse poesie, prima apparse sulla rivista «Lacerba» nel 1915 e poi pubblicate, nel dicembre 1916, nella raccolta Il porto sepolto: il diario dal fronte. A queste poesie se ne aggiungono altre, confluite prima nella raccolta Allegria di naufragi del 1919, poi nell’edizione dell’Allegria del 1931 e, con altre varianti, in quella definitiva del 1942.
Il titolo Il porto sepolto nasce da un ricordo dell’infanzia del poeta vissuta ad Alessandra d’Egitto: la notizia di un «porto sommerso» in fondo al mare dalla sabbia del deserto, di un’era anteriore alla fondazione della città e di cui si è persa la memoria. Un porto sepolto che è anche, in qualche modo, simbolo del mistero dell’esistenza. La vita, infatti, è un mistero così difficile da decodificare che, anche in mezzo alla morte e alla distruzione portata dalla guerra può nascere un’illogica vigoria, dalla quale deriva il titolo definitivo Allegria. Nonostante la maggior parte delle liriche contenute nella raccolta facciano riferimento alla guerra e alla morte, il titolo Allegria è giustificato, dunque, dal fatto che il sentimento d’allegria scaturisce nell’attimo in cui l’uomo acquisisce la consapevolezza di essere riuscito a scampare alla morte.
Originariamente, la lirica Soldati (che appartiene alla sezione dell’Allegria intitolata Girovago) aveva per titolo il sostantivo Militari che, come quello poi scelto definitivamente, risultava essere parte integrante del testo e un ausilio indispensabile per comprendere il significato stesso della poesia.
Il poeta “racconta” la condizione dei soldati, paragonandoli alle foglie degli alberi in autunno. Le parole-chiave della lirica sono proprio «autunno» (v. 2) e «foglie» (v.4). L’analogia nasce dalla somiglianza che s’instaura fra la fragilità delle foglie d’autunno, destinate inesorabilmente a cadere e ad essere spazzate via dal vento, e la precarietà della condizione dei soldati al fronte che, in qualsiasi momento, possono cadere a terra per un colpo di arma da fuoco. Il poeta ricorre spesso nelle sue liriche all’artificio retorico dell’analogia per sovrapporre in maniera immediata immagini che sono in apparenza molto distanti fra loro, fondendole senza ricorrere all’utilizzo di passaggi logici espliciti.
Ungaretti racconta con pochissime parole, ma in maniera molto esplicita l’incertezza e la precarietà della vita dei soldati al fronte. La brevità dei versi e l’assenza quasi totale di punteggiatura, come in tutte le liriche dell’Allegria, consente al poeta di acquisire piena consapevolezza di ciò che sente e di riportare al lettore soltanto le parole scavate di cui parla in Commiato1: i termini che vincono il silenzio e assumono una rilevanza fondamentale, permettendo di far emergere ciò che è nascosto.
Il poeta associa, dunque, la vita umana e le foglie, come avevano già fatto in passato autori come Omero (nell’Iliade) e Virgilio e come si era già verificato nella Bibbia.
La condizione dei soldati al fronte è particolarmente difficile, sia dal punto di vista fisico che da quello psicologico. Sono uomini fragili (come le foglie) perché sono lontani dai propri affetti più cari e costretti a rischiare la propria vita, oltre che a vedere ogni giorno immagini funeree negli occhi dei propri compagni. Tuttavia, Ungaretti sembra dirci che non è necessario essere soldati per vivere una situazione di precarietà: la riflessione pare universalizzarsi perché i soldati potrebbero essere tutti gli uomini e la guerra, in un certo qual senso, potrebbe rappresentare la vita stessa che è assurda, come ogni conflitto, perché contrassegnata dalla consapevolezza della finitudine. A riprova di ciò, notiamo l’utilizzo della forma impersonale «Si sta» (v. 1) che rende la situazione universale, in quanto tutti abbiamo un equilibrio precario e su ognuno di noi aleggia la presenza della morte.
La precarietà è ben esplicitata attraverso il ricorso all’enjambement dei primi due versi che crea un effetto di sospensione e trasmette un’immagine che si discosta molto dalla stabilità.
Ungaretti che, come ci suggerisce all’inizio della lirica, sta svolgendo il suo ruolo come soldato in trincea nel bosco di Courton (in Francia) vuole raccontare, dunque, al lettore la tragedia della guerra e la precarietà della stessa condizione umana.
1 Si tratta della lirica, datata 2 ottobre 1916, scelta dal poeta per chiudere in maniera emblematica la raccolta di liriche Il porto sepolto.
Confronti
Il poeta associa, dunque, la vita umana e le foglie, come avevano già fatto in passato autori come Omero (nell’Iliade) e Virgilio e come si era già verificato nella Bibbia. La stessa metafora è presente in un altro componimento di Ungaretti che è…
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Perché Ungaretti ha scelto la forma impersonale “si sta” e non, ad esempio, quella personale “stiamo”?
Ciao Clara, è scritto proprio nell’analisi, verso la fine. Ti cito il passaggio:
“La condizione dei soldati al fronte è particolarmente difficile, sia dal punto di vista fisico che da quello psicologico. Sono uomini fragili (come le foglie) perché sono lontani dai propri affetti più cari e costretti a rischiare la propria vita, oltre che a vedere ogni giorno immagini funeree negli occhi dei propri compagni. Tuttavia, Ungaretti sembra dirci che non è necessario essere soldati per vivere una situazione di precarietà: la riflessione pare universalizzarsi perché i soldati potrebbero essere tutti gli uomini e la guerra, in un certo qual senso, potrebbe rappresentare la vita stessa che è assurda, come ogni conflitto, perché contrassegnata dalla consapevolezza della finitudine. A riprova di ciò, notiamo l’utilizzo della forma impersonale «Si sta» (v. 1) che rende la situazione universale, in quanto tutti abbiamo un equilibrio precario e su ognuno di noi aleggia la presenza della morte.”
La poesia è ermetista o futurista??
Ciao Gaia, possiamo parlare di poesia ermetica ma è necessario fare qualche precisazione:
l’Allegria di Ungaretti non è stata concepita all’interno di una codificata e conclamata poetica (e scuola) ermetica, ma pone di fatto – a livello di modalità stilistiche e non – il germe puro della scuola. Infatti poeti successivi, inquadrati in definitiva all’interno della scuola ermetica, guardarono proprio ai modi di Ungaretti.
A presto 😉